195 10-jan-2005 15:34
(Gilgamesh - Milano)
Correzine in tempo reale: Non faciamo di tutta una erba unfascio
8 Jan 200507:27 ECT
MF: Orsi & Tori
E il governo italiano che cosa fa, sta a guardarè E l'Unione europea che cosa fa, sta a guardarè E il neoministro degli esteri, Gianfranco Fini, che cosa fa, sta a guardarè E il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, che cosa fa, sta a guardare Fini che sta a guardarè
Il ricatto argentino che sta per consumarsi con la pubblicazione del prospetto per l'ops, cioè per lo scambio dei vecchi tango bond con nuovi titoli in tre differenti opzioni comunque tutte del valore di appena il 30% del nominale dei titoli precedenti, è non solo ignobile come tutti i ricatti, ma politicamente gravissimo e irricevibile. Infatti, con l'arroganza di ricordare di essere uno stato sovrano, l'Argentina del presidente peronista Nestor Kirchner, vorrebbe di fatto imporre una soluzione che non solo annulla i diritti dei risparmiatori ma limita la sovranità degli stati dei cittadini esteri (in primo luogo italiani) che hanno avuto la dabbenaggine di sostenere il paese sudamericano prestandogli oltre 140 miliardi di dollari quando quel paese era alla disperata ricerca di mezzi finanziari.
In che cosa consiste il ricattò Non soltanto e non tanto nel valore risibile che il governo argentino è disponibile a riconoscere ai portatori di bond, in una qualsiasi delle tre opzioni offerte che si differenziano fra loro essenzialmente per i tempi di rimborso, quanto nella minaccia che il prospetto ufficiale dell'ops contiene: vi si legge infatti letteralmente: 1) che l'Argentina ha annunciato che non ha nessuna intenzione di riprendere i pagamenti dei vecchi bond; 2) che pertanto l'obbligazionista che decidesse di non conferire le proprie obbligazioni in adesione all'offerta di scambio non potrà contare in futuro sulla possibilità di ricevere alcun pagamento delle obbligazioni rimaste in suo possesso; 3) che a partire da tre giorni prima della chiusura dell'offerta, cioè il 22 febbraio, verrà ritirata a tempo indeterminato la quotazione dei titoli nelle varie borse, per cui non sarà più possibile negoziarli come invece ora avviene a un valore che è addirittura superiore di qualche punto (31-32) rispetto al 30% offerto dall'ops.
E fin qui è il ricatto strettamente diretto ai risparmiatori. Ma il governo del peronista Kirchner va appunto ben oltre e, rendendo ancora più disgustoso il ricatto ai suoi finanziatori, tenta anche di limitare la sovranità degli altri stati, brandendo la sua. Si legge, infatti nel prospetto, che naturalmente chi non vorrà aderire all'offerta di scambio avrà la possibilità di fare ricorso giudiziario, ma il risultato sarà zero poiché "l'Argentina è uno stato sovrano e quindi potrebbe essere difficile ottenere o dare esecuzione a una pronuncia giudiziale contro l'Argentina, in Italia o all'estero".
Come dire che le sentenze di uno stato sovrano, l'Italia, per l'Argentina non avranno nessun valore.
Ma ci si rende conto, si rendono conto il governo italiano e l'Unione europea, dell'arroganza raggiunta dal governo di Kirchner che pubblica fuori del suo paese minacce di questo generè Solo uno stato che si ritiene al di sopra di ogni diritto e al di fuori di qualsiasi comunità internazionale può permettersi di fare affermazioni di questo genere, tanto più con l'esplicita volontà di costringere centinaia di migliaia di risparmiatori italiani a subire, appunto con la minaccia e il ricatto, una tosatura di ben il 70% dei propri risparmi.
No, il governo italiano non può rimanere estraneo e indifferente a una vicenda come questa e non solo per una questione di autotutela della propria sovranità nazionale, ma anche per una serie di altri motivi sia economici che politici e di sangue, che caratterizzano da secoli i rapporti fra Italia e Argentina.
I motivi economici sono semplici ma dirompenti: i risparmiatori italiani hanno prestato alla Repubblica argentina l'equivalente (quando il cambio era vicino alla parità) di 14 miliardi di dollari, cioè circa, visto che le emissioni sottoscritte sono state soprattutto in lire o euro, di quasi 28 mila miliardi delle vecchie lire. Una parte consistente della liquidità delle famiglie e delle aziende e circa l'1% del pil. Con la proposta di scambio del governo argentino se ne andrebbero in fumo ben 19 mila miliardi di vecchie lire, cioè 10 miliardi di euro e per di più con pagamenti a babbo morto.
L'effetto negativo per i risparmiatori non ha bisogno di commenti. Ma anche quello per lo stato italiano è gravissimo e da due lati: da un lato fa scomparire ricchezza che potrebbe essere investita in Italia, dall'altro non solo riduce la base imponibile per la tassazione ma maggiore è la perdita di capitale dei cittadini maggiori saranno le detrazioni che gli stessi cittadini potranno effettuare sui loro capital gain decurtando quindi le entrate fiscali.
C'è poi un aspetto politico che non può sfuggire al presidente Berlusconi e al neoministro Fini: i 450 mila italiani detentori di bond argentini rappresentano, uno per l'altro, 1,5 milioni di voti. Può essere interessante che un governo riduca le tasse, ma è sicuramente altrettanto interessante che si batta per difendere i risparmi di una parte così consistente di italiani.
La pubblicazione del prospetto dell'ops (ahimè, un atto dovuto per la Consob, così come per la Sec americana) segna di fatto l'inizio della battaglia in campo aperto. Da una parte il governo argentino, pregno di populismo peronista che tende a considerarsi vittima degli aguzzini che hanno prestato soldi a tassi elevati quando in effetti è solo la corruzione e l'inefficienza dei governi che si sono succeduti ad aver creato il crack di uno dei paesi più ricchi al mondo di risorse naturali; dall'altro le associazioni dei risparmiatori e, in particolare, la più rappresentativa, il Gicab, presieduto a livello mondiale da Nicola Stock, che non sono disponibili ad accettare il taglieggiamento proposto sia in considerazione dello stato economico dell'Argentina oggi, sia in considerazione dei livelli di altre rinegoziazioni del debito avvenute negli ultimi anni, come quella della Russia o del Brasile, del Perù, dell'Uruguay, della Colombia. In tutti questi casi, la decurtazione non ha mai superato il 60%, i termini di pagamento sono stati accettabili e non a babbo morto (oltre 25 anni nella proposta argentina) e in ogni caso la rinegoziazione si è aperta e chiusa nel giro di pochi mesi, mentre sono tre anni che l'Argentina ha dichiarato default e che non paga più nessuno.
In tutti i casi citati l'adesione alla ristrutturazione è stata intorno al 90%; l'Argentina sostiene di accontentarsi di un'adesione del 70%; l'organizzazione rappresentata da Stock, che non farà aderire all'offerta i propri associati, rappresenta 38 miliardi di dollari di obbligazioni su un totale fuori dall'Argentina di 81,5 miliardi. Già il no del Gicab renderà impossibile raggiungere la percentuale che il governo argentino si propone. E la battaglia sarà proprio su questo punto poiché se le adesioni, come molti prevedono, tenuto conto degli accordi raggiunti con le banche e gli istituti di previdenza governativi argentini, arriveranno intorno al 50%, per il governo di Kirchner sarà il fallimento in quanto né il G7 né il Fondo monetario internazionale potranno ridare credito a un paese che di fatto, per scendere sul diritto fallimentare, non è riuscito a raggiungere la soglia che consente le chiusure dei fallimenti.
È chiaro che nel durante, cioè dalla pubblicazione del prospetto alla chiusura annunciata dell'ops il 25 febbraio, dovrà svilupparsi la massima azione dei governi e delle autorità internazionali per spingere l'Argentina a migliorare in maniera sostanziale le condizioni di scambio. Da questo punto di vista potrà avvenire né più né meno quello che avviene sempre durante un'opa o opas: se le condizioni offerte non sono soddisfacenti per il mercato, o l'offerta viene migliorata o fallisce.
Il governo italiano e con esso l'Unione europea, il G7, il Fondo monetario internazionale hanno il dovere di svolgere un'azione di forte pressione perché le condizioni offerte dall'Argentina diventino accettabili in quanto, diversamente, si creerebbe un precedente gravissimo a danno dei paesi in via di sviluppo che, potendosi comportare come l'Argentina, scoraggerebbero qualsiasi risparmiatore-investitore dal finanziarli. Vi è quindi il dovere e la necessità internazionale di impedire che il governo peronista di Kirchner riesca nel tentativo di compiere una vera e propria rapina, per poter salvare il mercato dei capitali destinati ai paesi in via di sviluppo, senza il quale questi paesi finirebbero inevitabilmente in rovina.
Questo dovere è ancora più forte per il governo italiano, visto non solo il numero di risparmiatori italiani che rischiano di essere rapinati e visto il malloppo che potrebbe essere rapinato, ma tenuto anche conto dei milioni di cittadini argentini di sangue e anche passaporto italiano che, di fronte a un'azione scellerata come quella che si sta tentando a medio termine, si troverebbero ancora più poveri di quanto non siano oggi.
Perché il governo italiano non chiede conto al governo argentino (tanto più in vista della prossima visita di Fini a Buenos Aires) delle azioni che dovrebbe svolgere e non svolge per sottoporre a tassazione gli oltre 100 miliardi di dollari che notoriamente poche ricche famiglie di quel paese detengono in banche internazionalì
Basterebbero quelle imposte per rendere accettabile la transazione sul debito argentino. Perché mai un cittadino italiano dovrebbe sostenere anche l'evasione fiscale di argentini stramiliardari o la corruzione di una classe dirigente che ha sempre fatto della tangente la sua ragion d'esserè (riproduzione riservata) (MF-MilanoFinanza)
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